Poker (J. Ratini)

La tovaglia è rosso festa.

Forse per l’approssimarsi del Natale o forse perché quella verde aveva troppe macchie.

Ci disponiamo in base agli assi: quattro assi per cinque persone.

Ma si sa: il padrone di casa ha il suo posto fisso, intoccabile, vicino alla finestra.

Giorgio scaramanticamente tasta i suoi gioielli.

Corrado fissa il vuoto.

Panzi, allegramente, ride per le battute stupide di Federico.

Io, pazientemente, mi giro l’anello sul medio sperando che le battute di Federico non siano tutta farina del suo sacco… sarebbe atroce.

Le prime mani di gioco dicono tutto: stasera vincerò.

Dopo quattro ore in cui la fortuna mi ha suggerito anche quando alzarmi per andare a pisciare, un giro di telesina chiude la serata.

Corrado per l’ennesima volta apostrofa Giorgio per il suo modo lento di giocare.

Lui, stizzito, risponde che la colpa non è sua, ma dell’ora tarda

e Federico non perde l’occasione per ricordargli che è dall’inizio della serata

che tutti dormono ogni santa volta che lui deve scegliere cosa diavolo scartare.

Panzi, oltre alle fiches, ha perso anche la sua allegria.

Ha la faccia da cane bastonato.

Stasera ho vinto senza alcuno sforzo: chiamavo le carte e loro entravano da sole.

Serate come questa danno un tocco di magia al gioco:

stasera il mio pensiero era magico ed ogni mio desiderio si è avverato.

Si cambiano le fiches, mi arrivano i soldi, li intasco.

Domani, finalmente, potrò rinnovarmi il guardaroba, gratis.

Alzo la testa e guardo la faccia triste di Panzi.

Il suo sconforto è la mia gioia.

Mi sento proprio felice.

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