La notte in cui dormii con Michelle Pfeiffer (J. Ratini)

Sono uscito con Michelle Pfeiffer.

Sono passato a prenderla alle 20.00, puntuale, sotto il suo albergo.

Le ho aperto la portiera e, come da copione, l’ho fatta accomodare sul sedile (reclinabile) della mia Suzuky Swift 1300 TDI.

L’ho portata a mangiare in un ristorante tipico del centro e dopo cena le ho mostrato i luoghi cult della Roma by night.

E’ stata una serata speciale, di quelle in cui tutto fila liscio e non ci sono gaffes, errori o inconvenienti strani a rovinare l’atmosfera giusta che si è venuta, magicamente, a creare.

Una serata che si è conclusa con il “bicchiere della staffa” nella suite del suo hotel. I restanti particolari su come abbiamo trascorso la notte, li lascio alla vostra fervida immaginazione.

Il mattino dopo… Il dramma.

Non so voi, ma io, Michelle Pfeiffer, me la sono sempre immaginata come una fica stratosferica, perfetta in tutto e per tutto, anche nella vita normale.

Come nei suoi film.

I capelli biondi sempre in ordine, curati; gli occhi azzurri, brillanti; le sue gambe lunghe, lisce; i suoi seni piccoli ma importanti; lo sguardo da Cat Woman: sexy, profondo e provocante.

Ecco… Non avrei mai immaginato che Michelle Pfeiffer, la mattina, appena sveglia, come prima azione quotidiana si recasse in bagno ad evacuare. Il mio immaginario non avrebbe mai potuto associare Michelle all’azione di “evacuare”.

Magari, pensavo, avrebbe avuto un sistema diverso di eliminazione corporea ma non avrei mai voluto immaginarla seduta sopra un water a compiere un gesto che fanno tutti i comuni mortali.

Perché lei non era un comune mortale, era Michelle Pfeiffer.

E non mi sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello che di notte potesse persino russare e soffrire di meteorismo.

Ma la cosa più sconvolgente, che mi ha spezzato il cuore, è che a Michelle Pfeiffer, come a tutti i normali cristiani, rimane il cibo incastrato tra i denti.

Vi giuro che la vista di uno spinacio bloccato tra l’incisivo e il canino (mangiato durante la sua colazione macrobiotica) ha fatto decadere definitivamente nella mia testa il mito della Pfeiffer.

Ed io, per aiutarla ad uscire da quella situazione, ai miei occhi, imbarazzante, le mimavo il movimento sub labiale della “lingua a spazzolino”, in modo che se ne accorgesse e si potesse togliere alla svelta quella maledetta verdura dalla bocca.

Ma lei non capiva e, pensando che il mio “ravanare” fosse un gesto ironico, continuava a ridere.

E più sorrideva, più il suo mito crollava a picco nel mio immaginario. In più, un raggio di sole mattutino che le illuminava il viso, mi fece notare che la Pfeiffer, struccata, presentava delle profonde rughe da espressione e delle pesanti borse nere sotto agli occhi che, la sera prima non erano affatto evidenti.

I famosi miracoli del “make up”?!?!.

Insomma ecco come l’immagine di una donna mitologica viene distrutta in una sola notte, per colpa, tra l’altro, di un maledetto spinacio incastrato tra i denti. Michelle, molto carinamente, mi invitò ad andare a pranzo al mare con lei ma io inventai una scusa plausibile per abbandonare rapidamente quella stanza d’albergo.

Salii in macchina che avevo ancora quella sgradevole sensazione di nausea.

Tornato a casa presi una grande scatola di cartone e vi riposi tutti i dvd e i vhs della Pfeiffer dal 1980 al 2011, le serie televisive in lingua originale e i tre album che aveva pubblicato come cantante.

Staccai le sue foto dalla mia camera da letto e tolsi la medaglietta con scritto “Michelle” dal collare della mia cagnolina.

I miti sono fatti per essere adorati e contemplati a distanza e non per essere conosciuti e per dormirci insieme.

Ma se proprio volete azzardarvi a farlo, assicuratevi, perlomeno, che a colazione non mangino spinaci.

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