È inutile che scrivi poesia, non vende!
E poi le tue non sono vere poesie, sono riflessioni, a volte un po’ troppo semplici e scontate.
Quello che scrivi tu lo pensiamo tutti, non ti sei inventato nulla di nuovo.
Non hai uno stile vincente o innovativo, ce ne sono a bizzeffe di scrittori come te.
Non offenderti, apprezza la mia sincerità. Lascia perdere la poesia, non vende!
Datti al porno!
Quello vende!
Cristo se vende!
I culi, le tette, quella è roba forte!
Lì non serve saper scrivere o parlare.
Basta far fottere qualcuno e dargli una percentuale.
Tu metti il grano. Loro mettono il corpo.
Tu quadruplichi il grano.
Devi solo stare attento alle malattie.
Sennò datti allo spaccio.
Droghe leggere, pesanti, anfetamine, eroina, cocaina, pasticche, popper, acidi…
Quella roba va che è una meraviglia.
Basta far fottere il cervello alla gente.
Soprattutto i ricchi, non sai quanta droga consumano.
Roba grossa. Gente altolocata.
Se vuoi t’inserisco io nei giri giusti.
S’instaura la dipendenza e il gioco è fatto.
Soldi facili.
Devi solo tenere lontani gli sbirri e i sensi di colpa.
Ma tu hai fegato. Puoi farcela.
Oppure buttati nell’azzardo.
Carte, cavalli, slot machine.
Con quelli fai i soldi a palate.
Fotti le persone e nemmeno se ne accorgono.
Ti aprono il portafogli e ti chiedono di pescare le banconote che desideri.
Si giocano gli stipendi, le pensioni, le macchine, le case, i mariti, le mogli e i figli.
Si giocano persino i cani.
Soldi cash. Self service. Subito.
Li fai divertire, gli alzi il livello di adrenalina, gli dai l’illusione che vincere è facile e… Pam!, li mandi sotto un treno e non si riprendono più.
Non scrivere poesia. Non paga.
Tu sei matto. Ancora con l’idea che una canzone o una poesia possano cambiare il mondo.
Mavalà, illuso!
Pensa ai soldi.
Con quelli ti compri una casa editrice e tutti i poeti del suo catalogo.
Ingenuo! Fatalista!
Vuoi fare la fine di tutti quegli artistucoli da quattro soldi che si ritrovano a quarant’anni a casa con mamma e papà e gli chiedono ancora la paghetta settimanale?
Ascolta me, che ho una certa esperienza, un certo fiuto e ho capito come vanno le cose.
Lascia stare pago io il conto. Mi sono appena entrati i soldi di un giro grosso che ho per le mani da un mesetto…
Lo ringraziai per il caffè:
“Ti prometto che rifletterò seriamente su quello che mi ha detto.”
Ci salutammo e m’incamminai verso casa.
Forse aveva davvero ragione. Fare l’artista era così precario: sempre a elemosinare, a tirare sui cachet, a cercare strade non ancora battute, a risparmiare su tutto, a chiedere continuamente aiuto a qualcuno. Tutto questo per seguire una passione o un sogno che non si sapeva se e quando si sarebbero avverati.
La sera andai al supermercato e lo vidi da lontano.
Era con la madre e il padre e avevano dieci buste piene di spesa.
Ascoltai la predica di sua madre: “Tesoro ma come hai fatto a finire tutti i soldi che ti abbiamo dato la scorsa settimana? Non mi dire che sei andato ancora a giocare a Poker o che ti sei comprato quella maledetta robaccia che ti fumi sempre? Guarda che se continui così io e tuo padre non ti diamo più una lira!”
Lui abbassò la testa, come un cane bastonato.
Aspettai che pagassero, uscissero dal negozio e poi mi diressi, orgoglioso, verso la cassa, con un panino, l’affettato e mezzo litro di latte.
Ero deciso più che mai a fare l’artista.
(Dal Libro “Se Rinasco Voglio Essere Yoko Ono”: http://www.ibs.it/code/9788898149018/ratini-jacopo/se-rinasco-voglio-essere.html)